giovedì 3 luglio 2014

Cenni di orientamento nel casino che è la cultura (parte III)


Quello che rimane.

Non rimane più niente da dire. Idealmente, del resto, qui non rimarrebbe più niente proprio. La prateria della disappropriata produzione di senso in seno alla verità umana è qualcosa di strutturalmente non delimitabile. In effetti, può darsi che nel percorrerla saremo magari visitati dalla peculiare consapevolezza che è la produzione stessa che dice noi - mercé il saussuriano e poi ancor più wittgensteiniano rapporto fra significante, altro e significato - di modo che il lavoro stesso trovi la propria creatività nello sgambettarsi e giocarsela con il "supposto sapere"; una sorta di plusvalore del pensiero, per il quale forse non dovremmo più nemmeno pensarlo attivamente. A sorpresa, la meta della nostra odissea sarebbe allora la dispensa dall'occuparsene. Ciò non sarebbe altro che il rovescio del limite interno ad ogni discorso culturale, inteso come il nocciolo duro che "non cessa di non scriversi" nel tuo parlar d'altro, e che altro non è, in fondo, se non la verità di ciò che, parlando, stai facendo. La filosofia, il discorso metadisciplinare o la logica del tuo lavoro non sarebbero altro che la dicibilità stessa di questo nucleo, da effettuarsi al momento di aprire un discorso nuovo; una logica, verrebbe da dire, come attrito costitutivo, la cui stessa formulazione provocherebbe un mutamento di paradigma, perché si limiterebbe a dire qualcosa che finora non era possibile pensare ma che era al tempo stesso il corpo superevidente della pensabilità. Questa logica forse, nel suo essere perennemente in viaggio, perennemente priva di un contenuto che non sia il proprio autosuperamento, potrebbe essere adatta a rendere l'idea del processo di crescita culturale. Può darsi che un autore come Deleuze, per citarne solo uno, abbia lavorato in questo senso (per quanto io per ora ne sappia). Come può darsi che il tuo stesso viaggio sconfesserà tutto quanto hai letto qui. Ma quello che qui hai letto non sarà stato vano. Finalmente, infatti, tu non potrai non rimasticare pure me, gettandoti ancora una volta au fond de l'Inconnu pour trouver - di nuovo - du nouveau.

PS. Carmelo Bene era un genio e un maestro terrificante (e pessimo). I miei link, se tutto va bene (male (Bene)) vi forniranno diversi incredibili problemi.


Prossimamente su questi schermi: niente.

Con la presente, opportunamente in ritardo di un giorno - ché la puntualità m'è donna - si chiude una prima stagione breve (come il secolo) di questo piccino bloggino. Gli affari riapriranno pressappoco intorno a ferragosto. Abbiate nel frattempo pietà di voi stessi, e spendete, voi, miei due dolci lettori (e qui, purtroppo, non è modestia) un ricordo per me!

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